Democrazia Diretta-Giovani per Roma

 

 

 

 

 

 

E-DEMOCRACY

 

UN PROGETTO PER ROMA, UN PRIMO PASSO PER L’ITALIA

 

 

 

 

 

 

 

 

Programma di lavoro per il biennio 2001-2003 presentato in Campidoglio alle autorità amministrative il 24 luglio 2001.

 

Si ringrazia il comitato di lavoro e in particolare: Mario Adinolfi, Marco D’Elia, David Sanzi, Barbara Massaccesi, Stefano Volpetti, Dario Fava, Roberta Crucillà, Michael Braha, Elisa Luongo, Simona Venturi, Pierfrancesco Sanzi, Stefano Sabbi, Michele Grilli, Massimiliano Scuderi, Ercole Zulli, Lorenzo Sigillò, Lorenzo Tordelli, Maria Teresa Di Stefano, Luca Savarese, Roberto Crucillà, Eugenio Fatigante, Arturo Celletti, Daniele Silvestri, Enzo Magnarella, Chiara Pilenga, Francesca Venturi, Giulia Savarese, Vittorio Iantorno, Claudio Ragni, Simone Coniglio. Sito di riferimento www.democraziadiretta.it

 

Si ringrazia per la consulenza tecnica il gruppo di lavoro della società Ghenesis 2000 guidato da Andrea Turinetto (www.ghenesis2000.com)

 

Si ringraziano per la disponibilità dimostrata l’assessore Mariella Gramaglia, l’on. Franco Dalia, il vicesindaco di Roma Enrico Gasbarra e gli uffici del sindaco Walter Veltroni

 

Per contattare il comitato di lavoro: democraziadiretta@yahoo.it

 

 

 

 


 

PREMESSA.......................................................................................... 3

 

SEZIONE I – INDIVIDUARE I NUOVI DIRITTI.......................................... 7

 

I.1 Uno sguardo d’insieme.................................................................. 7

I.2 Il diritto all’accesso..................................................................... 9

I.3 Il diritto all’alfabetizzazione telematica......................................... 11

I.4 – Il diritto all’interazione democratica........................................... 12

 

SEZIONE II – UN PROGETTO PILOTA PER ROMA.................................... 14

 

II.1 Il monitoraggio della situazione attuale....................................... 14

II.2 Definire un campione................................................................. 20

II.3 Informatizzare.......................................................................... 21

II.4 Alfabetizzare............................................................................ 22

II.5 Partecipare.............................................................................. 23

 

SEZIONE III – STRUMENTI PER L’E-DEMOCRACY.................................... 25

 

III.1 Server del Comune e numero verde............................................ 25

III.2 Consiglio comunale con “pausa telematica”................................. 26

III.3 Referendum propositivo on line.................................................. 27

 

CONCLUSIONI................................................................................... 28


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PREMESSA

 

Il 28 giugno 2001 in una piccola cittadina alle porte di Granada è stato sperimentato il possibile futuro della democrazia. Nel paese di Jun, nel cuore dell’Andalusia, l’intera cittadinanza ha potuto partecipare alla seduta del Consiglio comunale discutendo e votando il progetto strategico 2002-2007, compresi bilancio preventivo e consuntivo. A Jun è stata sperimentata la e-democracy, la versione aggiornata al 2001 della democrazia dell’agorà comparsa nell’Atene di Clistene nel 508 a. C.. Molti cittadini hanno partecipato alle decisioni che riguardavano la propria comunità: hanno discusso, hanno espresso dissensi rispetto ad alcune opzioni indicate dal sindaco e dalla giunta comunale, sono stati apportati correttivi alle posizioni iniziali e alla fine si è votato. Tutto questo è accaduto davanti agli occhi di giornalisti e telecamere provenienti da tutto il mondo. C’erano anche alcuni di noi di Democrazia Diretta-Giovani per Roma. Gli unici italiani.

 

Occorre compiere un passo indietro per spiegare la nostra presenza in quello sperduto paesino spagnolo. Nel 1999, per merito del vicesindaco José Antonio Rodriguez Salas, Jun è stata la prima istituzione al mondo a proclamare Internet come diritto fondamentale dei suoi cittadini. Conoscemmo gli amministratori del comune in quella occasione, mentre cercavamo di dare basi concrete al nostro lavoro sulla democrazia diretta per via elettronica, lavoro fino a quel momento solo teorico. Jun a partire dalla dichiarazione del 1999 ha compiuto una serie di passi importanti: ha lanciato una massiccia campagna di informatizzazione delle strutture cittadine, di alfabetizzazione telematica dei suoi abitanti, di moderna “educazione civica”. L’accesso a Internet è diventato gratuito, grazie ad un server comunale, e a tutti i cittadini è stato fornito un terminale d’accesso. Va notato che il bilancio annuale complessivo della cittadina di Jun si aggira attorno ai cinque miliardi di lire. Va anche detto che Jun ha solo 2037 abitanti. Ma non c’è dubbio che tutti i commentatori e gli osservatori internazionali, dopo aver assistito alla prima seduta della nuova agorà, hanno affermato che quanto si è visto lì rappresenta una pietra miliare per il futuro della democrazia.

 

L’esempio di Jun, dopo la dichiarazione di Internet come diritto fondamentale, è stato seguito da molte capitali europee, che si sono ritrovate nella Dichiarazione di Helsinki che proclama solennemente proprio quel diritto. La Dichiarazione di Helsinki è stata firmata anche da Roma, insieme a Londra, Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Vienna. A rappresentare la Spagna c’era Jun e non Madrid. E Romano Prodi ha incaricato proprio il vicesindaco della cittadina andalusa di organizzare la prima Conferenza Europea sulla Teledemocrazia. Parteciperanno rappresentanti delle amministrazioni di molte capitali europee (tra tutte hanno già dato la loro adesione Parigi e Bruxelles). Da Roma il nostro amico José Antonio Rodriguez Salas non ha ancora ricevuto alcuna risposta.

 

Quello di Jun è solo un primo piccolo passo. Noi di DD siamo convinti che però indichi una direzione ineluttabile, per la qualità stessa dell’idea di democrazia. Le vicende legate al recente G8 di Genova sono da questo punto di vista estremamente chiarificatrici: esiste una domanda di partecipazione che è costantemente inevasa da soggetti istituzionali che tendono ad usare metodi formalmente democratici per rappresentarsi o essere rappresentati come un’oligarchia. Da una parte Otto Grandi, dall’altra centinaia di migliaia di persone che spingono per entrare nella Zona Rossa dove vengono prese le decisioni. Non è altro che una domanda di partecipazione. Siamo convinti che esiste una risposta per questa domanda: responsabilmente le istituzioni devono cedere una quota della propria sovranità a chi vuole partecipare alle decisioni. Le istituzioni che più semplicemente possono attuare questa cessione sono senza dubbio le amministrazioni comunali, le più vicine ai cittadini. Un mezzo per raggiungere questo obiettivo, senz’altro il più moderno, è la Rete. La Rete intesa come forma di comunicazione interattiva tra individui componenti una comunità. Oggi è Internet via personal computer, domani sarà via telefono UMTS o tv digitale interattiva. Ma di certo l’idea di Rete, metafora stessa della democrazia, dovrà sostituire la struttura piramidale del potere che oggi va ampliando sempre di più il solco tra rappresentanti e rappresentati. Bisogna consentire alle centinaia di migliaia di persone che spingono per entrare nella zona rossa di sedersi al fianco degli Otto Grandi. Il mezzo più semplice si chiama e-democracy.

 

Noi proponiamo al Comune di Roma, al suo sindaco Walter Veltroni e a tutte le forze politiche, un progetto fattibile. Non un discorso, non una teoria, non un’utopia a basso costo. Noi proponiamo un percorso faticoso e meditato, con passaggi chiari e obiettivi da perseguire. Vogliamo portare davanti al Campidoglio quegli occhi del mondo che abbiamo visto stupirsi a Jun. Vogliamo fare di Roma il laboratorio del futuro possibile della democrazia.

 

 

 

 

 

 

 

SEZIONE I – INDIVIDUARE I NUOVI DIRITTI

 

 

 

I.1 Uno sguardo d’insieme

 

Sul tema dei nuovi diritti, nati dall’evolversi degli strumenti tecnologici e telematici, si è detto e scritto molto. Poiché questa non intende essere una esposizione teorica, utilizzeremo solo alcuni dati significativi per il progetto che illustreremo nella prossima sezione. Quel che è certo che è in Italia si vive in una condizione arretrata in materia di nuovi diritti connessi  all’utilizzo della Rete. L’accesso a Internet è poco diffuso, le politiche di incentivo sono pressoché inesistenti, gli interventi infrastrutturali assolutamente insufficienti. La questione della Rete è considerata semplicemente marginale dalla amministrazioni comunali, regionali e nazionali. In sostanza, per quanto riguarda la cosiddetta utenza consumer, Internet è quasi un lusso. Una famiglia che decidesse oggi di imparare ad usare la Rete quotidianamente per due ore al giorno dovrebbe prepararsi a una spesa minima tra i quattro e i cinque milioni in un anno, tra acquisto dell’apparecchio, spesa di connessione telefonica e corsi di apprendimento. Per capirci, se la stessa famiglia decide di trascorrere lo stesso tempo come utente televisivo, la spesa annua prevista sarebbe di certo inferiore al milione, tra costo dell’apparecchio e abbonamenti. Ora, mentre nessuno si sogna di considerare il “diritto alla televisione” come diritto fondamentale dei cittadini, è certo che il diritto all’accesso viene ormai quasi unanimemente considerato tale. Il problema è varare politiche che lo traggano fuori dalle secche di un diritto astratto.

 

Per farlo occorre senza dubbio separare la Rete dal campo dell’intrattenimento, dove invece giustamente risiede il mezzo televisivo. Certamente su Internet si può navigare anche solo per visitare siti informativi o trascorrere qualche ora di tempo libero. E’ la potenzialità della Rete che la trasforma da strumento per oziosi a diritto fondamentale. Se la Rete, e noi ne siamo convinti, oltre ad essere il luogo dove immettere liberamente qualsiasi materiale, consultare ogni fonte possibile di informazione, svolgere transizioni finanziare, fosse anche il luogo dove si concretizza l’azione e la partecipazione democratica, come si potrebbe privarne il cittadino senza commettere automaticamente un abuso di potere? Rovesciamo il ragionamento: poiché la Rete è il luogo dove, potenzialmente, il cittadino può esercitare più agevolmente il suo diritto di interagire con le istituzioni partecipando alle decisioni, perché non lavorare all’ampliamento a larga scala del diritto all’accesso, per favorire così una migliore qualità della democrazia?

La risposta è ovvia: questo lavoro è assolutamente necessario. Passiamo ora in rassegna rapidamente la declinazione di alcune forme (significative per questo progetto) dei nuovi diritti.

 

 

 

I.2 Il diritto all’accesso

 

Per diritto all’accesso intendiamo il diritto alla connessione in Rete, alla consultazione di tutte le fonti di informazione contenute nelle Reti telematiche, al dialogo interattivo, senza subire alcuna forma di censura, anche preventiva. E’ noto che in oltre settanta Paesi del mondo l’accesso a Internet è controllato dallo Stato, alcuni siti sono oscurati e non mancano cittadini che sono stati privati della libertà personale per aver diffuso idee in Rete o semplicemente per essersi serviti di mezzi per aggirare il divieto di consultazione di siti vietati. La condizione in Italia da questo punto di vista è evidentemente ottimale, come in tutti i Paesi dell’Occidente industrializzato. Resta la questione della considerazione dell’accesso come diritto fondamentale: ancora ad oggi tre quarti della popolazione è esclusa dalla Rete, per il costo eccessivo degli strumenti hardware necessari e della connessione telefonica, oltre che per la mancanza di qualsiasi campagna di sensibilizzazione ad avvicinarsi ad Internet. Restano così esclusi dal diritto all’accesso i cittadini meno abbienti e meno secolarizzati, oltre ai più anziani già a partire dai 55 anni di età. Questa esclusione sostanziale di intere fasce di popolazione comportano il rischio della formazione di vere e proprie classi, con una potenzialità di conflitto sociale che sarebbe bene subito e preventivamente disinnescare. Il diritto all’accesso gratuito alla Rete è ovviamente pre-condizione di qualsiasi progetto di e-democracy. Ma, ancor meglio: è certo che l’indotto economico garantito da un processo di costruzione di infrastrutture e contenuti per la e-democracy sarebbe in grado di produrre le risorse per gli investimenti necessari, partendo da capitali privati. In sostanza, aziende nazionali e internazionali avrebbero tutto l’interesse a investire in un programma similare immaginato ad esempio dal Comune di Roma, per il garantito ritorno d’immagine e per la creazione di un nuovo mercato per la creazione di contenuti per la Rete, attualmente piuttosto statico. Il diritto all’accesso verrebbe così praticato a costi irrisori o nulli per l’amministrazione pubblica, se non addirittura garantendo un guadagno dovuto alla “sponsorizzazione” dell’intero processo da parte di una o più aziende. Per una volta il prezzo dei diritti potrebbe essere a carico dei privati e non della collettività. Anche questo è un aspetto da non sottovalutare nell’avvicinarsi alla complessa realtà dei nuovi diritti.

 

 

 

I.3 Il diritto all’alfabetizzazione telematica

 

Corollario del diritto all’accesso è senza dubbio il diritto all’alfabetizzazione telematica, le cui ricadute positive si farebbero sentire certamente anche nel campo del diritto al lavoro (ad oggi 780.000 posti nelle nuove tecnologie risultano vacanti per mancanza di ragazzi italiani preparati a colmarli). Il diritto all’alfabetizzazione telematica è anche un aspetto particolare di un diritto fondamentale riconosciuto ormai da decenni quale il diritto all’istruzione. Alcuni passi sono stati senz’altro compiuti, se non altro nella sensibilità delle istituzioni, rispetto al mondo della formazione. L’idea, peraltro cara al sindaco di Roma, di avere un computer in ogni classe è stata almeno lanciata (sull’applicazione concreta sono verificabili ancora oggi incredibili lacune, in particolare nelle istituzioni scolastiche del Meridione d’Italia). Di certo resta completamente intonso il problema dell’alfabetizzazione telematica dei cittadini in età post-scolare. Come già accennato la pre-condizione affinché un progetto di e-democracy sia credibile sta nell’omogeneità della diffusione non solo del diritto all’accesso, ma della capacità di utilizzo dello strumento. Va segnalato che esiste anche una sostanziale diffidenza proprio nei confronto dell’oggetto personal computer da parte di una componente sostanziale della fascia d’età degli over 55. Per questo è necessaria una preventiva campagna di sensibilizzazione che introduca successivamente ad una vera e propria campagna di alfabetizzazione telematica di massa, che non si accontenti di penetrare solo nelle istituzioni scolastiche, ma si preoccupi principalmente delle fasce d’età attualmente escluse dall’espandersi della Rete.

 

 

 

I.4 – Il diritto all’interazione democratica con le istituzioni

 

Il diritto all’accesso, con la relativa campagna di informatizzazione, e il diritto all’alfabetizzazione telematica resterebbero vuoti, in relazione al nostro progetto, se non si accompagnassero al riconoscimento di un diritto all’interazione democratica con le istituzioni. Se il Comune mette in condizione il cittadino di dotarsi di un terminale di connessione alla Rete, se lo rende capace di utilizzarla al meglio e poi si chiude nel Palazzo a difendersi dall’assalto di chi chiede di partecipare alle decisioni, è evidente che l’intero cammino non porterebbe ad alcun risultato. Il diritto all’interazione democratica, se riconosciuto, dovrebbe portare le istituzioni ad aprirsi completamente non solo al controllo (con un’estensione della legge sulla trasparenza degli atti amministrativi) ma anche al dialogo con i cittadini, ampliandone al massimo grado possibile la facoltà di partecipare alle decisioni. Tutto questo sarà possibile solo avviando una moderna e coraggiosa campagna di nuova educazione civica, che indichi le opportunità riservate a chi decide di dedicare parte del proprio tempo libero alla cura delle questioni che riguardano la comunità e che avrebbe il pregio di riavvicinare il cittadino al sempre più distante mondo della politica, attenuando il meccanismo di delega. Va da sé che l’ampliarsi progressivo dell’area del tempo libero (indicata acutamente da Jeremy Rifkin che teorizza, come si sa, la fine del lavoro) porta con sé un problema di reindirizzo utile socialmente di tale libertà: siamo convinti che recuperare al gusto della partecipazione democratica continuativa i cittadini sia un compito doveroso di chi amministra una comunità.

 

Ora, le attuali teorie sull’e-government si limitano a riconoscere la validità di un processo di government by discussion, con la Rete a svolgere una mera funzione di ulteriore canale di raccolta degli umori della pubblica opinione. La trasformazione per certi versi epocale di cui è portatrice l’idea di e-democracy riguarda invece la facoltà di incisione sulle decisioni delle istituzioni da parte del cittadino democraticamente interattivo. E’ su questo percorso che ci si è incamminati il 28 giugno 2001 a Jun. Su questo percorso vorremmo veder incamminato il Comune di Roma.

 

 

 

 

SEZIONE II – UN PROGETTO PILOTA PER ROMA

 

 

II.1 Il monitoraggio della situazione attuale

 

Un progetto pilota per sperimentare a Roma meccanismi di e-democracy non può prescindere dallo studio attento della situazione di partenza. Per far questo abbiamo utilizzato le settimane trascorse dalla fine della campagna elettorale ad oggi per eseguire un accurato sondaggio sia sull’andamento della diffusione delle conoscenze telematiche sia sulle aspettative da parte dei cittadini e degli amministratori. Da questo sondaggio, realizzato con interviste telefoniche su un campione statisticamente rappresentativo composto da 968 cittadini romani, emergono una serie di dati che consideriamo di grande rilevanza. Ecco le questioni poste con i risultati divisi per risposte in termini percentuali.

 

Negli ultimi due mesi ha mai spedito una email?

 

Considera Internet uno strumento utile?

 

 

 

Parteciperebbe volentieri ad un corso gratuito di alfabetizzazione telematica, per imparare o migliorare l’uso di Internet?

 

Utililizzerebbe volentieri un mezzo che le permetta di comunicare direttamente con gli amministratori della città?

 

 

Considera Internet uno strumento utile per comunicare direttamente con gli amministratori della città?

 

 

 

 

Ha visitato negli ultimi due mesi il sito Internet del Comune di Roma?

 

 

Se attraverso il sito Internet del Comune di Roma le fosse garantita gratuitamente la possibilità di partecipare alle decisioni amministrative di governo della città, lo visiterebbe?

 

 

 

La lettura di questi dati evidenzia alcuni elementi che vanno messi in relazione con una seconda indagine, quella compiuta sul livello di alfabetizzazione telematica degli amministratori locali. Su un campione di 212 nominativi tra consiglieri municipali, comunali, regionali e parlamentari romani di cui è stato ricercato l’indirizzo di posta elettronica a cui inviare una semplice missiva (“Gentile sig. X, le invio questa email per avviare, se possibile, un dialogo continuo sulla sua attività di rappresentante della cittadinanza. Conto su un suo cortese cenno di riscontro” – data dell’invio 3 luglio 2001) nel 48% dei casi è stato impossibile reperirlo. Le risposte pervenute alla nostra email sono state appena 16, pari a poco più del 7% del campione. La sintesi più banale è che se solo il 6% dei cittadini ha visitato negli ultimi due mesi il sito del Comune di Roma e appena il 7% degli amministratori risponde alla posta elettronica, siamo ben lontani dal tempo di una possibile e-democracy. Ma se leggiamo bene i dati scopriamo che a fronte della sconsolata condizione attuale, emerge una domanda di conoscenza della Rete e di partecipazione democratica attraverso essa. Circa tre romani su quattro considerano utile Internet, si dichiarano pronti a studiarne i meccanismi e interessati a usare la Rete per partecipare attivamente al governo della città. C’è, insomma, un bisogno di demorazia a cui si può dare una risposta positiva attraverso un mezzo nuovo. Questo nostro mini-sondaggio (le interviste telefoniche sono state compiute tra il 2 e il 10 luglio 2001, sul sito www.democraziadiretta.it saranno disponibili a breve i dati disaggregati per età e quartiere) è il primo passo di un progetto pilota per la sperimentazione di meccanismi di e-democracy a Roma. Quelle che seguono ne sono le linee guida.

 

 

 

II.2 Definire un campione

 

Per avviare il laboratorio per la e-democracy sarà conveniente definire un ambito ristretto di lavoro, definendo un campione di cittadini statisticamente rilevante da coinvolgere nella sperimentazione, su base ovviamente volontaria. Questo campione, quantificabile in circa 5.000 cittadini, sarà evidentemente diviso in due sottoinsiemi. Il nostro lavoro di monitoraggio preventivo ci evidenzia una realtà in cui il 26% dei romani ha spedito almeno una email negli ultimi due mesi mentre per il restante 74% Internet è sostanzialmente simile all’esperanto. Avremo quindi, all’interno del campione, una parte in qualche modo telematicamente già alfabetizzata, un’altra parte completamente da addestrare all’utilizzo della Rete. Procederemo quindi con un doppio binario, sperimentando sui primi direttamente alcuni meccanismi di e-democracy, mentre sui secondi il lavoro necessario sarà quello della costruzione di un percorso di alfabetizzazione telematica, aperto comunque anche a coloro che nel gruppo dei già alfabetizzati abbia voglia di approfondire o ripassare le proprie conoscenza. 

 

 

 

 

II.3 Informatizzare

 

L’inevitabile primo passaggio per procedere al nostro progetto sarà comunque quello di varare un omogeneo programma di informatizzazione delle strutture che ospitano i partecipanti al laboratorio. Sarà semplice coinvolgere in questo alcune aziende private sicuramente desiderose, come già accennato, di investire in un progetto di e-democracy per il ritorno d’immagine che questo comporterebbe. Una importante azienda nazionale ha appena presentato a Roma il suo piano per portare in tutte le case le connessioni ad Internet a banda larga su fibra ottica. La banda larga potrebbe essere il veicolo, insieme all’UMTS e alla tv digitale interattiva, per rendere non solo fattibile ma anche gradevole la crescita dell’e-democracy. Certamente, comunque, può tornare utile al nostro bisogno di informatizzare abitazioni e strutture comuni (come le scuole di alfabetizzazione telematica e i centri sociali telematici) che saranno frequentate dai partecipanti al laboratorio. Occorreranno 5.000 terminali web e il Comune di Roma dovrà costruire una sorta di Intranet con accesso dial-up attraverso numero verde gratuito che permetta la connessione a tutti i servizi appositamente creati per la sperimentazione della e-democracy, oltre che al sito stesso del Comune. Ultimato il lavoro di informatizzazione si potrà passare ad attuare il vero e proprio lavoro sperimentale, passando attraverso la citata logica del doppio binario.

 

 

 

II.4 Alfabetizzare

 

La parte più numerosa del campione dovrà affrontare i corsi di alfabetizzazione telematica, differenziati per livelli e per omogenee fasce d’età. E’ chiaro che ci sono differenze sostanziali tra chi deve affrontare per la prima volta il rapporto con l’oggetto personal computer e chi deve solo scoprire come funziona un modem. Il lavoro infrastrutturale di informatizzazione delle abitazioni farà sì che ciascuno dei partecipanti al progetto possa seguire un programma personalizzato anche da casa. Agli incontri di alfabetizzazione telematica dovrebbero partecipare anche gli amministratori comunali, in modo che possa crearsi una comunanza di sensibilità e anche una conoscenza diretta tra i partecipanti al progetto e chi deve immaginare le modalità di rapporto tra cittadinanza e rappresentanti. Il percorso formativo non potrà durare meno di un anno, al termine del quale i partecipanti dovranno comunque dimostrare di aver appreso gli strumenti fondamentali per partecipare alla fase successiva del progetto, a cui i già alfabetizzati staranno comunque già lavorando.

 

II.5 Partecipare

 

La sezione del campione già telematicamente alfabetizzata avrà intanto compiuto i primi passi sperimentali sul terreno delle forme di partecipazione garantite dalla e-democracy. Sarà conveniente utilizzare il primo anno di lavoro di questo sottoinsieme per accrescere anche il livello di consapevolezza degli amministratori in materia di rapporto con la Rete. I partecipanti a questa fase del progetto cominceranno monitorando i lavori del consiglio comunale e inviando quesiti via email a cui gli amministratori dovranno rispondere. La banda larga permetterà di trasmettere in diretta sui personal computer le sedute di consiglio e di giunta, con la possibilità di interventi scritti in diretta da parte dei cittadini aderenti al laboratorio, a cui la connessione dovrà essere, come si è detto, assicurata attraverso un server comunale ad accesso gratuito via numero verde. Una volta raggiunto un livello di omogeneità di preparazione nell’utilizzo degli strumenti, tutti i partecipanti al progetto di e-democracy saranno platea democraticamente attiva del lavoro dell’amministrazione pubblica, con i mezzi che saranno illustrati in modo approfondito nella prossima sezione. E’ ovvio che al fianco della formazione sugli aspetti tecnici, la sensibilizzazione rispetto a queste nuove possibili forme di partecipazione democratica sia da attuare attraverso una massiccia e convincente campagna di moderna educazione civica, in cui si renda consapevole il campione dell’importanza e della complessità del lavoro compiuto dall’amministrazione comunale e dai suoi organi politici: formare all’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalla democrazia, alla normativa che li regola, ai meccanismi regolamentari che li vincolano è un primo e propedeutico passaggio che andrà compiuto assieme al percorso di alfabetizzazione e di fornitura dei mezzi tecnici. La complessità dell’intero cammino ci obbliga a immaginare tempi non brevi per la conclusione dei lavori del laboratorio. Siamo convinti che il progetto pilota, con la formazione completa del campione e l’implementazione degli strumenti di e-democracy, potrà comunque essere completato entro il 2003, per essere poi espanso nel triennio 2004-2006 a tutta la cittadinanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEZIONE III – STRUMENTI PER L’E-DEMOCRACY

 

 

 

III.1 Server del Comune e numero verde

 

Al di là della sperimentazione o meno del progetto pilota da noi proposto, sicuramente sarebbe utile porre il Comune di Roma all’avanguardia sul terreno della e-democracy attraverso alcuni strumenti di possibile immediata attuazione. Il primo è senz’altro la creazione di un server del Comune attraverso cui i cittadini possano connettersi gratuitamente alla Rete attraverso un numero verde, almeno per usufruire dei servizi offerti dall’amministrazione pubblica. Qualche passo nella direzione della trasparenza degli atti amministrativi via Web è già stato compiuto e l’attuale sito Internet del Comune di Roma è certamente ricco di informazioni. Nella prospettiva della e-democracy il sito comunale deve essere però molto di più: deve essere la casa dei romani, a cui vanno date condizioni di accesso piene e senza limitazioni. E’ evidente che il salato costo delle connessioni telefoniche alla Rete è uno degli impedimenti maggiori alla diffusione di Internet negli strati meno abbienti della cittadinanza e questo crea un ingiusto gap di democrazia. Tra l’altro il server comunale è stato uno degli impegni assunti dal sindaco Veltroni durante la campagna elettorale: mantenere questo impegno sarebbe un passo fondamentale verso la costruzione di un modello-Roma per questo futuro possibile della democrazia.

 

 

 

III.2 Consiglio comunale con “pausa telematica”

 

Le sedute di Consiglio comunale (se non quelle di giunta) potrebbero essere il primo contesto di concreta sperimentazione dello spirito stesso della e-democracy. Come già accennato la banda larga a fibra ottica potrebbe permettere una trasmissione di qualità televisiva in diretta sui terminali web a disposizione della cittadinanza. La differenza con il mezzo televisivo è evidentemente la possibilità di interazione tra i protagonisti della seduta e cittadini spettatori. Interventi in diretta in forma scritta, net-meeting tra cittadini per confrontare le opinione nel corso degli interventi, mozioni sottoscritte da un congruo numero di partecipanti sono senza dubbio alcuni tra i possibili meccanismi di immediata possibile introduzione. Nel citato esperimento della cittadina di Jun è stato introdotto lo strumento della “pausa telematica” nel corso del quale gli amministratori consultavano i commenti della cittadinanza sui propri interventi o sulle decisioni da assumere. E’ chiaro che la complessità delle questioni affrontate da una capitale con tre milioni di abitanti come Roma è diversa rispetto a quella dell’ordine del giorno della piccola cittadina andalusa. Resta il fatto che immaginare “pause telematiche” o comunque spazi per il confronto con i cittadini della Rete anche al termine dei lavori del Consiglio, con una qualche immediatezza garantita dallo strumento web, sarebbe un passaggio importante nel cammino che porta alla e-democracy.

 

 

 

III.3 Referendum propositivo on line

 

Strumento principe, infine, della possibilità dei cittadini di incidere sulle decisioni che riguardano la comunità è senz’altro l’istituto del referendum propositivo. Ad oggi lo Statuto di Roma prevede l’istituto del referendum consultivo e abrogativo, con scarse possibilità di attuazione. Il traguardo possibile del percorso indicato in questo progetto è quello di immaginare una bacheca elettronica in cui i cittadini possano segnalare proposte di loro interesse, formularle sotto lo schema del quesito, raccogliendo su di esse firme elettroniche certificate. E’ chiaro che le questioni della sicurezza e della certificazione dell’identità dei singoli cittadini sono centrali rispetto a qualsiasi volontà di adottare meccanismi di e-democracy: sono aspetti su cui i tecnici devono ancora lavorare per fornire risultati che non lascino adito a dubbi. Ma è certo che con meccanismi a doppia password criptata sicurezza e certificazione siano sufficientemente garantiti, in attesa della produzione a larga scala di strumenti più immediati e sofisticati come la lettura dell’iride o dell’impronta digitale. Resta comunque il dato possibile e già immediatamente attuabile di prevedere meccanismi di referendum propositivo con raccolta di firme e votazioni da svolgere per via elettronica, una volta concluso il percorso di alfabetizzazione telematica e di moderna educazione civica della cittadinanza. Riteniamo che il giorno in cui il Consiglio comunale di Roma approverà la modifica dello Statuto della città introducendo l’istituto del referendum propositivo on line si sarà compiuto un grande passo verso il futuro possibile della democrazia.

 

 

 

CONCLUSIONI 

 

La e-democracy non è un tema marginale né un progetto futuribile. La questioni della democrazia per via elettronica sono al centro di un dibattito assai complesso negli Stati Uniti e avviato significativamente anche nell'Unione Europea. Non a caso proprio l’Ue mette al centro dei propri cardini politici il principio di sussidiarietà, secondo cui il potere deve essere il più possibile vicino al cittadino. Questo principio è servito a giustificare percorsi a nostro avviso artificiali, come ad esempio quello della cosiddetta devolution alle Regioni. Il gruppo di lavoro che ha prodotto la stesura di questo progetto ritiene essere i Comuni il livello dell’amministrazione locale più sentito dai cittadini e i cittadini stessi i terminali reali del principio di sussidiarietà. La e-democracy può riconsegnare nelle mani dei singoli cittadini quote di potere che potrebbero essere il mezzo più idoneo a riavvicinare le persone alla partecipazione democratica. La nostra proposta è quella di lavorare da subito a un modello-Roma per la e-democracy, partendo da un progetto pilota e iscrivendo questa idealità tra quelle centrali per la crescita di una possibile nuova forma di civiltà democratica. Roma può sperimentare e forse insegnare al mondo le nuove regole della convivenza civile, come fece nel suo più remoto passato “inventando” il diritto. Ora la questione è legata ai nuovi diritti: ai nuovi diritti di cittadinanza che la e-democracy, la democrazia diretta per mezzo elettronico, può far emergere e codicizzare. L’autorevole settimanale britannico The Economist, in una lunga inchiesta dedicata a questi temi, ha concluso affermando che “la democrazia del ventunesimo secolo o sarà diretta o, semplicemente, non sarà: ogni obiezione alla democrazia diretta è, di fatto, un’obiezione all’idea stessa di democrazia”. Noi concordiamo con questa analisi, convinti come Victor Hugo che niente può fermare la forza di idee il cui tempo è arrivato.

 

 

 

 

DEMOCRAZIA DIRETTA-GIOVANI PER ROMA

 

L’associazione Democrazia Diretta-Giovani per Roma si è presentata alle ultime elezioni amministrative sotto il simbolo della Chiocciola internettiana. Ha formato proprie liste autonome per il Comune e per le 19 circoscrizioni, raccogliendo complessivamente 4.154 voti. Al secondo turno ha sostenuto il candidato sindaco Walter Veltroni e tutti i candidati presidenti del centro-sinistra nei Municipi. DD ha presentato alla città 423 giovani candidature, tutte raccolte via Internet, record assoluto della presenza di giovani in una sola lista nella storia delle elezioni italiane. DD è l’unica associazione italiana invitata al Forum di Praga del prossimo 16 novembre indetto dal Network for Direct Democracy in Europe. Aderisce al World Direct Democratic Movement. Sede nazionale di Democrazia Diretta è Roma, in Corso Vittorio Emanuele 154, tel. 06.6878384 fax 06.6878385 email: democraziadiretta@yahoo.it. Per il 27 ottobre il direttivo del movimento ha convocato il I Congresso nazionale di DD, che verrà svolto interamente on line.

SINTESI DEL PROGETTO PER LA STAMPA

 

Questo elaborato da Democrazia Diretta è il primo progetto di e-democracy in Italia. Si propone di sperimentare nella città di Roma i meccanismi di democrazia elettronica per avvicinare i cittadini alla politica. La prima questione è la definizione di tre nuovi diritti: il diritto all’accesso alla Rete; il diritto all’alfabetizzazione telematica; il diritto all’interazione democratica. Su un campione di 5.000 romani si intende sperimentare un percorso che parta dall’informatizzazione delle abitazioni, passi attraverso un corso di alfabetizzazione telematica e di moderna educazione civica, arrivando a strumenti di partecipazione attiva via Web, potendo arrivare ad assistere e a interagire in diretta on line con il Consiglio comunali, fino all’istituzione del referendum propositivo on line. Il monitoraggio della condizione attuale testimonia, grazie ai dati di un sondaggio riportato all’interna, la grande carenza di sensibilità rispetto all’uso di Internet per lo sviluppo della partecipazione democratica. Appena 7 amministratori su 100 rispondono alle email che vengono loro inviate dai cittadini, mentre 3 romani su 4 considerano positivamente l’utilizzo della Rete per interagire con i loro rappresentanti.